Il Carso è l’anima selvaggia di Trieste. La contrapposizione fra la città mercantile e colta di inizio Novecento e l’entroterra aspro e selvaggio è stata narrata da molti scrittori locali, primo fra tutti Scipio Slataper, che nel 1912 pubblicò “Il mio Carso”, in cui racconta il passaggio da un’ infanzia libera vissuta nelle lande del Carso all’inserimento in età adulta nella città borghese e convenzionale, ambiente che lo trova spaesato e sofferente.
In ogni caso, se i triestini di città hanno sempre guardato al Carso come ad una terra povera e contadina, al tempo stesso sono sempre stati molto legati all’altipiano. Fin dall’Ottocento la gita domenicale sull’Altopiano era una tradizione in molte famiglie borghesi. Si partiva da Piazza della Caserma (l’attuale Piazza Oberdan) alla volta di Opicina, oppure si percorreva l’Acquedotto (l’attuale Viale XX Settembre) in direzione San Giovanni e poi su, fino a Basovizza.
Oltre alle famiglie, anche molti giovani studenti si trovavano armati di scarponi e zaini pronti all’escursione. E non era raro che ai gruppi si aggiungessero anche le ragazze, come racconta Giani Stuparich in “Trieste nei miei ricordi” o in “Un anno di scuola” dove una gita invernale al Laghetto di Percedol si conclude con un’ inaspettata caduta nell’acqua gelata da parte di due gitanti.
Un’altra meta amatissima dai Triestini di ieri e di oggi è rappresentata dalla Val Rosandra, dove negli anni Trenta si sviluppò una scuola di arrampicata che aveva fra i suoi protagonisti Emilio Comici. Tale gruppo era chiamato scherzosamente “I belli” dalla generazione successiva, quella dei “bruti”, gli stessi “Bruti di Val Rosandra” che diedero il nome al bellissimo romanzo di Spiro Dalla Porta Xidias sulla nascita dell’alpinismo eroico.
Ma la Val Rosandra e il Carso non sono appannaggio esclusivo dei rocciatori. Anche in inverno è infatti possibile compiere passeggiate su percorsi riparati dalla Bora, come ad esempio la Napoleonica che porta dall’Obelisco di Opicina a Borgo San Nazario (sentiero semplicissimo e adatto a tutti) o il soprastante Sentiero Kobol che attraversando il bosco porta al santuario di Monte Grisa.